Solidarietà alla professoressa Donatella Di Cesare

Viviamo in un Paese in cui la seconda carica dello Stato non riesce a definirsi antifascista e va tutto bene, ma si pretende di cacciare una filosofa dall’Università perché ha pubblicato poche parole di addio in occasione della scomparsa di una donna che in vita ha sì commesso gravi reati, ma che ha anche pagato il suo debito con la giustizia e da più di 10 anni era una cittadina libera.

Che l’ideale che in altri tempi ha mosso gruppi di compagne e compagni ad agire violentemente sia – indipendente dalle modalità di lotta – qualcosa di nobile, è oggi più evidente che mai, almeno a chi non abbia rinunciato a guardare in faccia la realtà: è forse desiderabile, equa e giusta una società in cui poche decine di famiglie detengono un livello di ricchezza pari a quello nelle mani di milioni di persone? Questa è la sconcertante realtà italiana. Violenta e brutale, ma terribilmente “normale” e per (quasi) tuttə va bene così. Non per me, non per noi.

Quindi sì, senza timore faccio mie le parole della professoressa Donatella Di Cesare, alla quale esprimo massima solidarietà: « La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna »

Se oggi tante persone – e non solo squallidi personaggi in malafede – possono non comprendere questa frase e leggerne tra le righe un incitamento alla violenza e una celebrazione del terrorismo è proprio perché i nostri Ideali sono stati soffocati e sconfitti. È proprio perché è imperante la legge del più forte, la sottomissione del pensiero e del popolo alle logiche del profitto. I privilegi di pochi si sono imposti sui diritti e le libertà di tuttə. Siamo tuttə culturalmente più poverə, incapaci di pensare criticamente.

Si dirà che “i mezzi prefigurano i fini” e che, da filosofa, la professoressa non può non saperlo.
A mio avviso, ciò che non si può (far finta di) non sapere è che, purtroppo, esiste sempre uno scollamento tra un ideale nobile e la sua realizzazione.

Il “socialismo reale”, con i suoi fallimenti, ne è la dimostrazione, ma è in buona compagnia: la “democrazia reale” in cui siamo immersə è ben distante dall’ideale di Democrazia che difendiamo. Eppure – almeno noi, a differenza di chi vorrebbe lapidare la professoressa Di Cesare – lo difendiamo, con le unghie e con i denti.

Non si tratta tanto e solo di difendere la libertà di espressione e pensiero, che pure non è mai scontata. Si tratta di opporsi alla falsificazione delle parole, dei pensieri e delle idee. È questione di opporsi a chi vuole screditare e distruggere la reputazione di una persona, al fine di soffocare sul nascere la mera possibilità che il seme della rivoluzione sbocci nell’orizzonte ideale di chi non ha ancora perso completamente la speranza.

Mattia Da Re

Europee 2024. Eumans presenta 6 petizioni al Parlamento Europeo su diritti e ambiente

Massimo supporto alla campagna lanciata da Eumans in vista delle elezioni europee 2024 (e oltre).

Stop ai sussidi agli allevamenti intensivi; carbon tax; decriminalizzazione della cannabis; riconoscimento di aborto ed eutanasia come diritti umani fondamentali in Europa; per la promozione di un’intelligenza artificiale civica europea.

Un pacchetto di proposte su tematiche di massimo interesse per la cittadinanza, che dovrebbero essere centrali nel dibattito politico europeo e che – troppo spesso – le istituzioni e i partiti evitano o affrontano in modo ambiguo e fumoso.

Costruiamo insieme le condizioni politiche per far sì che, a partire da questo pacchetto di petizioni, si arrivi alla presentazione di un pacchetto di Iniziative dei Cittadini Europei (ICE) sulle quali raccogliere un milione di firme di cittadine e cittadini, in almeno 7 Paesi dell’Unione Europea.

Per maggiori informazioni sull’iniziativa e per dare la propria disponibilità attivarsi: https://www.eumans.eu/eu-can-do-it

Per riascoltare la conferenza stampa di presentazione: https://tinyurl.com/32ncbujt

Manifesti per la Pace? La polizia ti spacca la faccia.

«Ci hanno colpito più volte, pure chi era già a terra. Anche chi aiutava i contusi», queste le parole di una studentessa che insieme a tant* altr* è stata picchiata dalla polizia, in occasione delle manifestazioni per la Pace e a sostegno del popolo palestinese a Pisa e a Firenze. Come riportato da Il Manifesto, non sono solo le ragazze e i ragazzi ad essere rimast* senza parole, ma anche i loro professori e le testimonianze non mancano: «Abbiamo assistito a scene inaudite, ci siamo trovati ragazze e ragazzi delle nostre classi tremanti, scioccate, chi con un dito rotto, chi con un dolore alla spalla o alla schiena per le manganellate

Fortunatamente i social nelle ultime ore sono stati inondati di foto e video che mostrano e dimostrano la ferocia con la quale la polizia si è scagliata contro studenti e studentesse, spaccando ossa e ferendo gravemente chi intendeva manifestare per la pace e dire “stop al genocidio“.

Se anche Mattarella si è sentito in dovere di intervenire, ricordando al Ministro dell’interno che «l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli» e che «con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento», significa che la situazione è grave, è stato abbondantemente passato il segno e anche per il Presidente della Repubblica è stato è impossibile fare finta di non vedere.

Con le estreme destre al governo, le forze dell’ordine si sentono protette, sentono di avere più che mai le mani libere. Possono finalmente gettare la maschera. Possono finalmente fare liberamente “il loro lavoro”. Impossibile scordare che Giorgia Meloni nel 2018 sosteneva candidamente che «il reato di tortura che impedisce agli agenti di fare il proprio lavoro». Ed effettivamente è così, perché il “loro lavoro” è intimidire e reprimere con ogni mezzo il dissenso, a tutela degli interessi della classe dominante. Non è un caso se di codice identificativo non ne vogliono proprio sentir parlare.

Al netto della narrazione infarcita di presunti nobili principi come dedizione, sacrificio, difesa dei cittadini e fedeltà alla Patria, gli agenti si comportano come volgari picchiatori fascisti. Se non avessero simpatie quantomeno reazionarie, avrebbero fatto altro nella vita. I corpi di polizia nascono storicamente per reprimere – spesso nel sangue – gli scioperi indetti da anarchici, socialisti e operai e difendere il profitto degli industriali.

È difficile immaginare che chi ama la libertà scelga di passare la vita a dire “sì signore. Chi sceglie di passare la vita a dire “sì signore” è qualcuno che ha una visione gerarchica della società e sceglie – pur non essendone al vertice, pur essendo un “poveraccio“, un figlio del popolo – di servire i potenti, di tradire il popolo e di diventare strumento di repressione dei padroni, per garantirsi un tozzo di pane e brillare di luce riflessa, godendo di quei piccoli grandi privilegi che si assicura nascondendosi – armato fino ai denti – dietro ad una divisa e un distintivo.

Di fronte agli abusi dei violenti picchiatori di Stato, il cortocircuito delle democrazia liberali si fa sempre più evidente. Se – come nel caso italiano – i membri delle forze dell’ordine giurano fedeltà alla Repubblica Italiana – ovvero ad una repubblica antifascista e nata dalla resistenza – è ammissibile che questi signori nutrano simpatie per il fascismo? Eppure la vicinanza tra estrema destra e appartenenti alle forze dell’ordine è innegabile ed evidente. Oggi è sufficiente fare un giro sui profili social di carabinieri e poliziotti per vedere quale sia il loro l’orientamento politico.

Nella migliore delle ipotesi, sono ferventi sostenitori di Meloni e Salvini, ma non mancano simpatizzanti di Forza Nuova e Casa Pound. Di persone con orientamento democratico non c’è traccia, figuriamoci socialista o libertario. Di riferimenti espliciti all’antifascismo non se ne trovano. Tra questa gente essere democratici rappresenta un segno di debolezza, loro sono per “l’uomo forte”, per il “pugno di ferro”. Sono tutti figli di Putin.

Se la Repubblica antifascista e nata dalla resistenza può accettare che i corpi di polizia siano composti da fascisti, a rigor di logica dobbiamo ammettere di avere un problema.

In Italia non abbiamo mai fatto i conti con la Storia e questo è il motivo per il quale possiamo avere rappresentati istituzionali di primo piano che non riescono a definirsi antifascisti. Facile quindi comprendere perché nessuno si scandalizzi se anche altri agenti e funzionari non sono antifascisti.

Per quanto riguarda le forze dell’ordine, non si pensi che in altri Paesi la situazione sia migliore. Anche in quei Paesi in cui i conti con la storia – ciascuno con la propria – si dice siano stati fatti, i corpi di polizia sono sempre composti da picchiatori reazionari, che nutrono profondo odio per le istituzioni democratiche che sulla carta dovrebbero difendere. Ciò che succede quotidianamente negli Stati Uniti è emblematico.

È nella natura delle persone che indossano una divisa disprezzare la libertà, la democrazia e il diritto e parteggiare per modelli sociali non solo autoritari, ma anche reazionari in cui loro – piccoli e impotenti – possono riconoscersi e partecipare – se pur minimamente – della luce della classe dominante ed esercitare le loro briciole di potere attraverso l’intimidazione, i pestaggi e la violenza.

Nessuno stupore quindi per gli ennesimi pestaggi di Pisa e Firenze. Le forze dell’ordine servono a questo. Difendono l’ordine costituito, ovvero l’ordine in cui i padroni, gli industriali e i milionari dettano le regole, fanno le guerre, affamano i popoli e distruggono impunemente il Pianeta.

Per chi è libertario, ecosocialista, antispecista, le forze dell’ordine rappresentano oggi un pericolo. Non si tratta di semplici avversari politici, ma di veri e propri nemici, perché non agiscono con la dialettica e gli strumenti del confronto democratico, ma con la violenza e la forza delle armi, ben protetti da leggi fatte da politicanti che – come loro – sono al servizio dei padroni.

Pisa Italy, February 2024 police beat students demonstrating for Peace.

Verona :: 28/02/2024 :: Presentazione del libro “Il Partito Radicale – Sessanta anni di lotte tra memoria e storia” di Gianfranco Spadaccia

Mercoledì 28 febbraio 2024, ore 18:00, presso la Libreria Pagina Dodici (Corte Sgarzarie, 6/A, Verona) si terrà la presentazione del libro di Gianfranco Spadaccia “IL PARTITO RADICALE. Sessanta anni di lotte tra memoria e storia“.

Un’occasione per approfondire la storia di un piccolo grande partito che ha cambiato l’Italia.
Il Partito Radicale ha saputo scandalizzare e al tempo stesso incantare le persone, intercettando e interpretando il forte desiderio di libertà e giustizia che anima la vita di tutte e di tutti.

Dialogano
Giovanni Bernardini, Università degli Studi di Verona
Silvja Manzi, già segretaria di Radicali Italiani
Lorenzo Strik Lievers, già parlamentare radicale
Modera
Fabio Fraccaroli, presidente di Verona Radicale

VERONA RADICALE

marciaTerraIl Forum nazionale “Salviamo il Paesaggio” propone per domenica 21 aprile – in concomitanza con l’Earth Day – una manifestazione a salvaguardia dei terreni liberi e fertili rimasti.

Al fine di organizzare anche a Verona una manifestazione a sostegno delle battaglie per la salvaguardia del territorio, l’Associazione Radicali Verona ha contattato tutte e tutti i rappresentati dei comitati, delle associazioni e dei movimenti veronesi – e le sezioni locali di associazioni nazionali – aderenti al Forum.

A Verona non esiste ancora un comitato provinciale del Forum “Salviamo il Paesaggio” e i risultati fino ad ora ottenuti dalle singole associazioni impegnate nella campagna per il “censimento degli edifici sfitti e inutilizzati” sono assolutamente insufficienti: su 98 comuni, un solo comune ha compilato integralmente il censimento, 6 lo hanno compilato parzialmente, 5 si sono rifiutati di compilarlo e da tutti gli altri non è arrivata alcuna risposta. Inoltre,

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